sábado, 20 de febrero de 2010

LA PICCOLA VIA DI TERESA DI LISIEUX

El 9 aprile 1888 Teresa entra per sempre nel Carmelo di Lisieux, in quel “deserto in cui il buon Dio voleva che andasse a nascondersi”, per crescere nella piccolezza , per elevare il canto d’amore a Dio solo, scomparsa agli occhi del mondo, nell’oblio di se stessa, persa totalmente nel suo centro, là dove Gesù dimora. Abbraccia questa strada con la determinazione di chi decide di voler camminare per la via della croce: “la sofferenza mi ha teso le braccia e io mi sono gettata in esse con amore”. Fin dall’età di quattro anni e mezzo la sofferenza era entrata nella sua vita: il dolore per la morte della madre l’aveva resa tanto fragile che gli accadimenti futuri, l’ingresso al Carmelo della sorella Paolina seguita dopo alcuni anni dalla sorella Maria, la aprono all’esperienza dell’abbandono, della solitudine, della insicurezza. Trova la forza di risollevarsi e di mirare caparbiamente alla santità, all’unione con il suo Amato nella cella di un carmelo, nella convinzione che “una giornata di carmelitana passata senza sofferenza è una giornata perduta”. Il granello di sabbia desidera perdersi nel deserto, poiché nel deserto si anela solo all’essenziale. I primi cinque anni al Carmelo sono i più dolorosi e tanti sono gli avvenimenti che la prostrano fino all’abbandono totale; la malattia del suo adorato padre rappresenta la prova più dura da affrontare: avendo dato ripetuti segni di squilibrio, il signor Martin è ricoverato in una casa di cura, affidato a mani estranee, trattato con la forza che il tipo di malattia richiede, nell’umiliazione di battute indelicate e offensive. A questo tormento interiore si aggiunge uno stato di prolungata aridità nell’orazione: ”Gesù dormiva, come sempre”! Lo stesso sonno che investe Teresa, che la priva di ogni consolazione, che la immerge nella notte in cui i sensi sono paralizzati e si vive il cammino verso Dio tra il pianto e l’amarezza. Allora Teresa abbraccia la sofferenza, le riconosce il privilegio di rendere umili i cuori, più puri i gesti d’amore: “quale grazia quando al mattino non sentiamo nessun coraggio, nessuna forza per praticare la virtù…Invece di perdere il tempo a raccogliere qualche piccolo lustrino, si attinge nei diamanti (le lacrime!). Quale vantaggio alla fine del giorno!...”.
Teresa ha trovato la via per la santità: la sofferenza che immola, rompe la propria volontà, rende perfetti nell’umiltà. Ma questa non è ancora l’esaltante piccola via dell’infanzia spirituale! Più tardi le grandi prove la lasceranno: il padre muore ponendo fine alle sue sofferenze, viene eletta come priora la sorella Paolina, Madre Agnese, e Teresa è raggiunta al Carmelo da Celina, sorella e compagna privilegiata di giochi, di confidenze e di profonde condivisioni. Eppure l’aridità non scompare: le prove cessano, ma la debolezza rimane, emerge con prepotenza la miseria dell’io che con le sue sole forze non sa raggiungere lo scopo!
“Ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c’è la stessa differenza che esiste tra una montagna, la cui sommità si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti”. Non è più Gesù che abbassa con le prove della vita, è la miseria, la debolezza, i limiti umani che fanno stare a terra. Allora Teresa cerca “il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova…Vorrei trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù. Perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione.”
Celina entrando al Carmelo porta con sé un taccuino dove aveva ricopiato numerosissime citazioni dai libri della Sacra Scrittura. Alle novizie non era permesso consultare la Bibbia, pertanto l’antologia scritta a mano da Celina rappresenta per Teresa la fonte a cui mendicare l’acqua della Parola viva.
Trova una prima indicazione di questo ascensore: “Se qualcuno è piccolissimo, venga a me” (Pro 9,4). Gesù invita i piccoli, i miseri, i deboli, i peccatori, coloro che hanno maggiormente bisogno di essere sorretti.
“Allora sono venuta…e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che risponde al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: ‘Come una madre accarezza il proprio figlio, così io vi consolerò, vi porterò sul mio seno e vi cullerò sulle mie ginocchia!’ (Is 66,12-13)”. Teresa scopre quanto Dio sia infinitamente misericordioso: ha bisogno di abbassarsi verso il niente per trasformare in fuoco, in fiamme d’amore questo niente! Un Amore che si china verso il debole, il misero, il peccatore per colmare le sue mancanze; un Amore che può abbracciare se trova davanti a sé la piccolezza di chi si abbandona fiducioso tra le braccia del Padre, di chi sgrana gli eventi della vita per rende amore per amore, di chi trasforma ogni istante in un fiore donato.
Teresa comprende che la strada più efficace per essere elevata è il lasciarsi portare, è divenire bambino che confida, senza esitazione, passo dopo passo, in Colui che lo conduce: allora ogni gesto è occasione per diventare ricettacolo della presenza di Dio che viene, riempie e solleva.
Non si cercano più i grandi gesti, non si aspira a opere eclatanti, ci si abbandona alle “piccole cose” della quotidianità, certi di attirare irresistibilmente il Dio Misericordioso che giunge e completa: una comunicazione continua tra una fiducia che audacemente attende ed un Amore che misericordiosamente porta a compimento.
La piccola via dell’infanzia spirituale di Teresa di Lisieux esige uno stare a mani vuote, senz’altro appiglio che “la fiducia e nient’altro che la fiducia”!

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