

Accade così che il limite diviene "segno" di un Assoluto desiderato ed invocato. Soprattutto nei rapporti umani, dentro tutti i nostri legami affettivi, sperimentiamo il nostro bisogno infinito d'amare e di essere amati, così come ci scontriamo con la drammatica constatazione dell'inadeguatezza di ogni essere umano a realizzare pienamente questo desiderio.
"La Sacra Scrittura ci parla di un uomo, Adamo, considerato prima di ogni differenziazione sessuale: la sua caratteristica è quella di essere signore della creazione intera, ma di essere tuttavia "solo": una "solitudine infinita", per così dire, che indica la sua assoluta diversità da tutto ciò che esiste, il suo essere fatto per "altro", il suo avere per interlocutore e per partner soltanto quel Dio che lo ha creato simile a sé".
In ogni tipo di relazione, sponsale, amicale o filiale, la spinta che avvertiamo nell'entrare in comunione con l'altro è ugualmente manifestazione di un originario bisogno di Amore totalizzante che si esprime attraverso tutte le componenti del nostro essere: nella passionalità del trasporto emotivo, nell'invasività dell'elaborazione mentale, nella tenerezza del contatto corporeo. Dentro ogni affetto umano si sperimenta la tensione verso l'Assoluto, il bisogno umano di vivere nella totalità l'esperienza d'amore percepita tramite l'altro; ma c'è una incomunicabilità ultima, positiva, tra le persone che impedisce di afferrare il mistero dell'altro, così come ci si scontra con il limite di cui ognuno è portatore. Dentro ogni tipo di legame si sperimentano incomprensioni, chiusure, freddezza, mancanza di comunicazione, tradimenti: è la realtà che ci provoca a trasformare l'esperienza del limite in occasione di preghiera invocante Cristo che redime.
L'esperienza della solitudine, intesa come un esser fatti esclusivamente per Dio, trasforma l'esistenza in contemplazione del volto di Cristo dentro ogni evento. "Il vero amore esige sempre che ciascuno conservi, in un certo modo, un'esperienza di solitudine, una solitudine buona. Occorre che ciascuno mantenga in sé una specie di cella, una cella di monaco, per il proprio rapporto unico con l'Assoluto...Ciascuno dovrebbe poi recarsi nella sua "cella interiore" per gustare in solitudine il segno esperimentato: nel momento dell'unità - lo abbia fatto coscientemente o no - ciascuno ha parlato all'altro di Dio. Ma ciò lo riconoscerà solo successivamente: in un buon momento di solitudine, quando parlerà a Dio dell'altro" (A. M. Sicari).
M. Concetta Bomba ocds
No hay comentarios.:
Publicar un comentario